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LA SFIDA DEL RISCHIO IN AGRICOLTURA

LA SFIDA DEL RISCHIO IN AGRICOLTURA

Ad Assisi, dopo lo stop forzato, dovuto alla pandemia Coronavirus, si è tenuto l’atteso e tradizionale appuntamento sui rischi in agricoltura.

CESAR, Università di Perugia e ASNACODI sono riusciti a riavviare il tradizionale scambio di opinioni, proposte su un tema che più di altri richiede d’essere inserito nell’agenda di Governo quale priorità.

I cambiamenti climatici stanno determinando condizioni “estreme” che provocano danni alle nostre colture tradizionali. Grandine, gelo, siccità, si susseguono in una condizione di aumento delle temperature. “Una condizione drammatica” l’ha definita il Ministro dell’agricoltura Patuanelli, ma il meteorologo Mercalli, con espressione provocatoria ha affermato che vi è una cattiva e una buona notizia. La cattiva la conosciamo e la subiamo tutti. La buona: “i cambiamenti climatici sono causati dall’uomo e non da fenomeni naturali e pertanto se l’uomo corregge le proprie abitudini possiamo rallentare e frenare il fenomeno. Possiamo invertire la direzione. La soluzione del problema è nelle mani dell’uomo”.

Su questi fenomeni finalmente si è avviato quel processo di copertura del rischio diffusa coinvolgente tutte le 700.000 imprese italiane, attraverso un prelievo del 3% sui diritti PAC. Il soggetto individuato per gestire il nuovo Fondo sarà l’ISMEA, e in sala cera il neo Presidente, nonché co-organizzatore dell’evento, il Prof. Frascarelli.

L’idea c’è, il progetto generale anche. Sul come gestire il Fondo mutualistico nazionale per le avversità catastrofali, invece, qualche perplessità affiora soprattutto nella necessita di raccordare il sistema assicurativo esistente privato in parte sostenuto dal pubblico, negli ultimi anni in difficoltà per la sproporzione fra danni pagati e premi riscossi, ed il nuovo fondo pubblico.

A dar voce a queste perplessità è stato il direttore di ANIA, che ancora rappresenta almeno in parte, la voce di molte compagnie assicurative. La preoccupazione nelle sue parole era evidente perché le difficoltà vissute negli anni passati faticano ormai a trovare un salvagente nelle riassicurazioni. Del resto, le compagnie operano per fare profitto e non per solidarietà e se perdono il rischio “dell’abbandono del campo” delle assicurazioni contro le calamità naturali potrebbe avverarsi.

Anche il modello di rilevazione dei danni sembra assumere un valore centrale nel nuovo modello della gestione dei danni da calamità naturali. In molti guardano ai nuovi strumenti tecnologici come alla soluzione dei problemi legati alla rilevazione delle aree colpite dalle calamità.

Tutti hanno convenuto, però, che il Ministro Patuanelli, accompagnato via video dal Direttore Generale De Biasi, avviando la sperimentazione da quest’anno favorirà la piena applicazione del nuovo modello di copertura del rischio che è fissata per il 1 gennaio 2023.

Tutto bene, tutto liscio?

Non vi è dubbio che tutti gli interventi dei relatori hanno manifestato la piena disponibilità a collaborare all’implementazione del nuovo modello, centrato sul Fondo mutualistico nazionale per le avversità catastrofali, ma al tempo stesso hanno posto domande impegnative che dovranno trovare concrete risposte in tempi brevi e certi se non si vuole correre il rischio di un fallimento ovvero di un’applicazione incoerente con gli obiettivi fissati. Non sono mancate le voci che sollecitano l’implementazione di un modello centralizzato e … “gestito sul territorio dai soggetti della rappresentanza imprenditoriale”. La Presenza del direttore di AGEA, paladino di questa visione, ne è stata una testimonianza.

Roteando però lo sguardo a tutti i relatori si avvertiva che è mancata e mancava una voce, quella dei quasi tremila periti da avversità naturali, vera cerniera del sistema assicurativo in vigore unico in Europa, che qualcuno dei Paesi più sviluppati d’Europa vorrebbe copiarci.

Il nuovo sistema potrà essere attuato tornando al passato affidando la funzione di verificare controllo a società all’uopo costituite?

I Periti agrari e Periti Agrari Laureati, pilastro del corpo peritale, “rivendicano” comunque il loro ruolo propositivo, innovativo e moderno e chiedono d’essere “ascoltati” affinchè anche la sperimentazione possa essere attuata con il pieno coinvolgimento di tutti i soggetti della filiera del rischio in agricoltura.

 

 

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