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BIOLOGICO MOTORE DELLA NUOVA PAC?

Con una telefonata, il nostro iscritto del Collegio di Novara, Fusè Giorgio, mi invita a visitare il nuovo Pastificio a Casteldidone e la sede della Cooperativa IRIS a Calvatone. Accetto volentieri anche per ritrovare quello spirito del biologico che lo conosci se lo vivi e se lo incontri.

A ricevermi alla Cascina Corte-Regona di Calvatone c’è Maurizio Gritta lo storico fondatore e anima della Cooperativa. Mi basta il primo saluto per recuperare il ricordo di eventi organizzati a Leno nel 1996 per valorizzare la storia Benedettina della città bresciana e lui, Maurizio, il Presidente fondatore col codino, ha ancora lo stesso look di trent’anni fa. Lo sguardo non tradisce, sempre sostenuto da quella passione che trasuda da ogni suo sguardo e ti coinvolge in ogni suo racconto, ti porta davanti alle sue serre dove coltiva verdure “biologiche”.

Verdure che vanno sulle nostre tavole e che attraversano le alpi per raggiungere la Danimarca. Insalate che si presentano con ceppi sani e rigogliosi, difesi nelle serre dai fili a bassa tensione. Da queste parti i canali sono gruviera per nutrie. Ascoltandolo e seguendo la descrizione delle sue continue innovazioni, anche a costo di sostenerne gli oneri, ritrovo la nuova filosofia della Politica Agricola Comunitaria che ha posto la sostenibilità al centro di ogni azione. E la sostenibilità trova nella promozione del Biologico la Sua punta d’eccellenza. Ma l’IRIS che compie quest’anno 43 anni, si è spinta oltre. Con le sue centinaia di soci si è avventurata nella realizzazione di un pastificio di nuova generazione, anch’esso costruito con materiali “sostenibili”. Pare che anche la Barilla ne abbia sottolineato la grande innovazione e qualità. Ma durante la visita ascoltando anche l’Agronomo, ricordo le facce con espressioni di sufficienza, quasi di compassione, che cittadini accompagnavano Maurizio in quel passato, che sembra remoto. E non mancavano nemmeno i commenti: “Maaa, sai è un po' matto… Lavorando in quel modo non ci guadagna niente… Voglio vedere quanto resisterà”. Trascuriamo i commenti di quel tempo di alcune Organizzazioni Professionali. Per uomini come Maurizio le porte spesso si chiudevano, mentre se ne aprivano altre che nemmeno ti aspettavi. Un direttore di banca, un professionista, un industriale e … un numero di piccoli coltivatori che andavano gradualmente e costantemente aumentando unendosi a quel modello di coltivazione che Maurizio affrontava quotidianamente come un modello di vita. Essere pionieri in fondo è proprio questo. “aprire faticosamente strade che altri percorreranno agevolmente”. Ed oggi? Il Biologico in Italia si è talmente affermato da spingere il Presidente di AIAB, Giuseppe Romano, a lanciare al Ministro Patuanelli una sfida sull’obiettivo da raggiungere a fine agenda, passando dal 25 % di superfici destinate a Biologico, al 30%. Una sfida che, visti i primati assoluti italiani del settore, più del 15% della SAU destinate a coltivazioni Bio, se sostenuta, ovvero se davvero ci si crede, potrebbe essere agevolmente raggiunta. Se, come affermato dal Sottosegretario, già Ministro dell’Agricoltura, Centinaio, la migliore innovazione è la competenza e quella competenza ritrova nell’esperienza di imprenditori, tecnici e professionisti il suo riferimento più solido.

Proprio in questo periodo il MIUR sta affrontando la riforma dei programmi didattici degli Istituti Tecnici Agrari, il Parlamento ha approvato la legge sulle Lauree Abilitanti e le Commissioni stanno valutando il DdL sugli ITS. Stiamo vivendo forse la prima vera rivoluzione post-riforma Gentile della storia che rende insostituibile la necessità di creare nuove relazioni e rinnovate connessioni fra Scuole, Università, territorio e professioni.  Una connessione che in questo periodo di transizione ecologica “deve” innestare nei programmi scolastici professionalizzanti contenuti di sostenibilità sociale, economica e professionale. Il biologico potrebbe così diventare materia didattica non complementare per quanti affrontano ogni giorno la sfida dello sviluppo.

Tutto nuovo? Assolutamente no.

La storia del Biologico è anche la storia di uomini e donne motivati che si sono messi in viaggio incontrando bambini nelle scuole primarie, giovani nei livelli scolastici e universitari secondario e terziario. Andando di Comune in Comune. Portando non solo il valore ecologico di una scelta, ma anche e soprattutto il valore di un’esperienza di vita, che si traduce in un’esperienza di qualità della vita. Dei colloqui con Maurizio mi ha colpito soprattutto un aspetto della Sua “storica” esperienza: “il biologico non confligge con i metodi tradizionali di coltivazione e allevamento. Il Biologico è un’esperienza a servizio di chi cerca nuove strade di sostenibilità ambientale, lavorativa e sociale”. Non è casuale che queste realtà abbiano stipulato convenzioni con associazioni di persone “diversamente abili” o che vivono devianze, disagi o disadattamenti, perché è nella intima relazione fra uomo e terra che si ritrovano le radici per valorizzare e rigenerare il senso della nostra convivenza. L’IRIS, come molte altre realtà di “sognatori” che coltivano i loro sogni, bella realtà da “incontrare”.

 

 

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