Coldiretti piglia tutto: anche il business dei “caf” agricoli. Le manovre di Lollobrigida per favorirla, penalizzando le sigle minori- FQ Extra
Coldiretti piglia tutto: anche il business dei “caf” agricoli. Le manovre di Lollobrigida per favorirla, penalizzando le sigle minori- FQ Extra
Voci alternative (e scomode) quasi sempre non invitate ai tavoli ministeriali dove si decide il futuro dell’agricoltura e a cui partecipano, invece, Coldiretti, Confagricoltura e Cia. Ora le organizzazioni minori, come Confederazione italiana Liberi Agricoltori, Assorurale e Altragricoltura bio, rischiano di essere escluse definitivamente dalla gestione dei fascicoli per l’accesso ai contributi europei in agricoltura e sviluppo rurale. Uno schema di decreto del ministro Lollobrigida, infatti, pone così tanti ostacoli alle organizzazioni minori, da costringere gli agricoltori a rivolgersi a quelle più grandi, principalmente Coldiretti o Confagricoltura, per attivare pratiche e ottenere finanziamenti a cui hanno diritto. Secondo le organizzazioni, è l’ennesima manovra che mostra l’influenza di Coldiretti sul Governo di Giorgia Meloni, che guarda caso ha scelto il villaggio Coldiretti per la sua prima uscita ufficiale da premier. Un’influenza, quella dell’associazione sui governi, esercitata dai tempi della Democrazia Cristiana e in maniera sempre più forte sui ministeri dell’Agricoltura, fino a diventare una sorta di eredità per chiunque abbia ricoperto il ruolo che oggi è di Francesco Lollobrigida. Sono partite da Coldiretti l’idea del nuovo ministero della ‘Sovranità alimentare’ e le battaglie per i contratti di filiera (per cui sono stati raddoppiati i bandi ministeriali) e contro la carne coltivata. Un legame rafforzato da porte girevoli e alleanze che i vertici delle giubbe gialle hanno intrecciato con i colossi di industria alimentare, grande distribuzione, energia e mondo bancario, sotto l’ombrello di Filiera Italia, presieduta dall’ex ministro Paolo De Castro. Un sistema che viene contestato da chi non si sente tutelato, con la crisi di rappresentanza che può costare cara alla Confederazione dei coltivatori diretti, più potente che mai nell’era di Vincenzo Gesmundo, segretario generale dal 1998.
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