La difesa Fitopatologica. La politica non si sostituisca alla scienza
La difesa Fitopatologica. La politica non si sostituisca alla scienza
Le giornate fitopatologiche di “Bologna” sono ripartite, proprio nel periodo in cui la vigilia delle elezioni europee e la protesta dei “trattori” hanno indotto la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen a ritirare la norma che mirava a dimezzare l'uso di pesticidi chimici nell'Unione. Qualcuno ha gridato ad una grave battura d’arresto del Green Deal. Il regolamento sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari (Sur) era stato presentato nel giugno 2022 con l’obiettivo di dimezzare i pesticidi (antiparassitari, fitofarmaci) entro il 2030, oltre al vietarne l’uso nelle aree “protette” e nel verde urbano.
Un progetto certamente che risponde ad una reale esigenza di promuovere un’agricoltura sostenibile, ma che si scontra con processi produttivi che hanno consolidato modelli dicotomici fra innovazione e conservazione.
Senza trascurare le regole fissate dal mercato internazionale il WTO, che solo goffamente favoriscono l’applicazione di comuni regole produttive, soprattutto nel rispetto dei diritti delle imprese, dei lavoratori, dei modelli produttivi sostenibili, dell’igiene e della sicurezza alimentare. Inoltre, altrettanto insufficienti risultano essere i controlli sugli alimenti soprattutto sui residui degli antiparassitari. Si è consolidata così una concorrenza sleale che mette in difficoltà il grande sforzo produttivo che le imprese sono chiamate ad adottare, con chilometriche modulistiche, istruttorie, quaderni e burocrazia varia.
Ed i professionisti?
Si trovano sul sagrato di un’assistenza tecnica ancora inadeguata e insufficiente che soffre anche di inapplicate azioni europee tese a svilupparla (vedi promozione consulenza aziendale). L’Europa, il nostro Paese inoltre ancora trascina la difficoltà a vietare l’importazione di quegli alimenti, materie prime, prodotte con fitofarmaci che sono stati vietati più di cinquant’anni fa e di cui se ne trovano ancora residui.
Ma produzione, riconoscimento economico dei prodotti, che significa anche presidio e valorizzazione dei territori, anche delle aree marginali e interne, non sono avulse dalla sensibilità e dall’impegno della ricerca, della scuola e dell’università, delle professioni intellettuali e dalle attese degli imprenditori agricoli per un uso sostenibile dei prodotti di sintesi.
E lo hanno dimostrato gli interventi che, come una staffetta, si sono succeduti, uno dopo l’altro. La scienza è fortemente è motivatamente impegnata a mettere in campo modelli produttivi sostenibili che garantiscano produttività, e quindi remunerazione, qualità del prodotto e sicurezza alimentare. Ma purtroppo quello che è considerato un obiettivo diffusamente condiviso viene affrontato dalla politica seguendo sollecitazioni e spinte ideologiche o corporative.
Temi, come questi, soprattutto come questi, che devono fondare le proprie dinamiche sulla scienza, sulla ricerca e sul trasferimento dell’innovazione dovrebbero essere affrontati con rigore scientifico e con quelle tempistiche che accompagnano i processi in modo graduale e perciò applicabili.
Lo ha affermato il Presidente Braga nella sua comunicazione: “ritengo che le giornate fitopatologiche, che guardano alla “protezione” e alla qualità delle piante, chiamando ad un serio confronto tutti gli attori, i protagonisti, del comparto agro ambientale, assumano un significato “politico” di grande rilevanza. La politica ascolti meno la piazza e più la scienza.”
Braga ha concluso auspicando che l’Europa e il Governo pongano attenzione ai contenuti che caratterizzano le giornate fitopatologiche, destinando anche maggiori risorse alla ricerca e alla sperimentazione, in quanto condizione essenziale per conseguire risultati condivisi che costruiscono politiche partecipate di sostenibilità”.