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LE API DEL MASAF

LE API DEL MASAF

La notizia è una di quelle che fa scalpore: “50.000, dicasi cinquantamila, api sono state sterminate da vespe e calabroni”. La macabra scoperta fatta dal Ministro Lollobrigida risale allo scorso 20 maggio. Che calabroni e vespe sulla terrazza del MASAF potessero avere la meglio sulle api, ospitate nei tre alveari del tricolore, poteva essere ipotizzabile, al centro della città, si sa, le specie invasive hanno spesso la meglio.

Ma forse il fatto può aiutarci a  richiamare una metafora che ben si conforma al nostro modello applicativo della PAC. PAC un acronimo talmente conosciuto dalle agricolture europee e italiane d’essere il riferimento normativo e di risorse più importante  di tutto il bilancio Europeo. Del resto la CEE, oggi UE, che doveva nascere sulla costituzione di un unico esercito e sulle politiche di sviluppo industriale, ha dovuto affidarsi all’agricoltura per giungere sino a noi senza aver smarrito del tutto il sogno di un’Europa dei popoli e delle nazioni unite, aiutandoci ad uscire dalla dipendenza del primo dopoguerra e arrivando ad oggi a dover gestire processi di surplus produttivi da governare nel quadro di politiche green.

La PAC è pertanto “principio” e “politica” fondanti l’Europa e ad ogni agenda le maratone (di tempo e non di distanze) ci accompagnano ad affrontare nuove vie di “evoluzione e innovazione” produttiva.

Da tempo ripeto, inascoltato, che l’Italia come una carrozza arrugginita arriva al traguardo delle agende PAC sempre in ritardo rispetto ai Paesi più sviluppati d’Europa, costringendoci a dover rincorrere e correggere la direzione, non quando siamo arrivati ad una meta, ma nel bel mezzo del viaggio. Questo senza ricercare colpevoli per un modello ancora incomprensibile, anche se strutturalmente consolidato.

Alcune Regioni in piena autonomia, costituzionale si sono strutturate e organizzate, alcune volte promuovendo anche una positiva collaborazione con le regioni limitrofe. Sono quelle Regioni del Nord che le risorse della PAC le hanno investite e le investono tutte, anche se molte volte sul filo di lana del tempo che scade.

Una parte consistente dell’Italia arriva, invece, in ritardo e qualche volta perdendo opportunità di sviluppo. Ora, i calabroni e le vespe della PAC ormai si conoscono e si annidano in quelle fessure dei muri della burocrazia per la burocrazia, della burocrazia per la politica, ovvero della politica figlia della burocrazia, che nessun professionista (pest control sociale o politico) riesce a sradicare.

Dovremo quindi rassegnarci ad una graduale marginalizzazione o regressione del nostro modello agroalimentare? Ovvero ad una agricoltura pezzata? E la politica? Appare impotente, come le api con i calabroni, ad affrontare una stagione di scelte, certamente difficile, ma che faccia crescere il nostro Made in Italy, consolandosi con relazioni sociali oggi superate dalla storia. Prova ne è che i due maggiori fallimenti della PAC in Italia sono il ricambio generazionale e la consulenza quasi totalmente non applicata.

Anche la Formazione Professionale, degenerata nell’inseguimento all’istruzione tecnica, un’istruzione tecnica agraria indebolita dall’autoreferenziale distanza con il territorio e un’università in larga parte chiusa su se stessa, vivono una distanza difficilmente colmabile con le imprese e le professioni intellettuali agricole.

Ritornando alle domande precedenti, credo che oggi vi sia un’unica strada da percorrere: creare una condizione di profonda coesione sociale e produttiva del mondo agricolo (alcuni esempi anche in Italia non mancano), soprattutto delle aree del Sud e quelle interne, coinvolgendo in modo prioritario la ricerca, le professioni intellettuali, delle quali Dottori Agronomi e Periti Agrari sono il riferimento storico di comprovate competenze tecnico scientifiche, oltre alle organizzazioni datoriali e sindacali. Ma occorre senza indugio spalancare una stagione, un conferenza permanente che ponga le domande del come e del dove dovremo andare per diffondere e accelerare i processi di sviluppo sostenibile e qualificanti delle nostre agricolture. Una stagione che elabori politiche che anticipino, forse un poco le indirizzino e attuino piani di nuovi modelli produttivi.

I professionisti, i Periti Agrari e Periti Agrari Laureati, sono pronti ad apportare il proprio indispensabile contributo per affrontare queste sfide che oggi, più che mai, sono irrinviabili, sempreché calabroni e vespe ancora una volta prevalgano sulla laboriosità delle api.

Foto di Sergio Lombardelli
foto di Sergio Lombardelli
Foto di Sergio Lombardelli
Foto di Sergio Lombardelli