UNA NUOVA ISTRUZIONE PER UNA NUOVA CATEGORIA PROFESSIONALE
UNA NUOVA ISTRUZIONE PER UNA NUOVA CATEGORIA PROFESSIONALE
La Cabina di Regia nazionale per il Coordinamento del sistema di istruzione tecnica superiore e delle lauree professionalizzanti, con la firma del Decreto da parte del Ministro Fedeli ha portato a compimento la prima fase della Riforma. Sin dai primi incontri con la Dr.ssa De Pasquale, la Dr.ssa Palumbo, l’Ispettore Acerra ed il Sottosegretario del MIUR, On. Toccafondi sapevamo che avremmo dovuto affrontare un processo di profonda e radicale riforma del sistema di professionalizzazione.
Che vi fosse un insistente domanda di nuova professionalità e una relativa offerta di istruzione terziaria era evidente, lo si percepiva da prima del nostro insediamento.
I dati dell’OCSE, ma soprattutto la rilevazione che i nostri osservatori pubblici e privati constatavano e mettevano a nudo una cesura profonda fra il Paese, la scuola e l’università: “L’Italia è all’ultimo posto nei paesi OCSE per i giovani 25/34 anni con il titolo di studio di livello terziario: siamo al 25% a fronte di un 42% della media dei paesi OCSE ed al 69% della Corea del Sud” (OCSE, Education at Glance, 2016).
L’Italia rimane il fanalino di coda anche per la percentuale di passaggio dal livello di istruzione secondaria all’università (circa il 50%). Sono stati infatti 232.321 su 462.472 i diplomati nel 2016 che si sono iscritti all’Università a fronte del 70% della Francia.
Entrando nel dettaglio dei percorsi di provenienza dei diplomati, si rileva che il passaggio all’università favorisce gli studenti provenienti dai licei circa il 73,8% (174.950) del totale dei giovani che nello stesso anno, si iscrivono all’università; contro il 33,1% dei tecnici (48.607, fra questi ci sono i nostri periti agrari) e il 11,3% dei professionali (8.764, fra questi ci sono gli agrotecnici).
Già al primo anno molti si ritirano e molti non concludono il percorso avviato. Nel solo primo anno, dati dell’anno accademico 2016/2017, si sono ritirati 32.194 studenti, circa 11% degli immatricolati. Particolarmente svantaggiati risultano i diplomati agli istituti professionali, per i quali l’abbandono è al 44,36% (pari a 3.844 studenti); seguiti dai tecnici 25,8 % (pari a 12.544 studenti) e dai licei con il 7,39% (pari a 12.937 studenti).
“Dal seme di grano non nasce gramigna e viceversa”.
La Banca d’Italia mette il dito nella piaga rilevando che: “Il ritardo di scolarizzazione terziaria dell’Italia dipende pertanto in misura pressoché identica da tre fattori: un minore tasso di immatricolazione dei neo diplomati; un più basso tasso di immatricolazione degli adulti; un più elevato tasso di abbandono (ANVUR, 2016). A sua volta, questi fattori – e in particolare alcuni di essi – sono in parte riconducibili alle caratteristiche dell’offerta formativa, che vede una sostanziale assenza di corsi di carattere professionalizzante, dai quali proviene invece, nella media europea, circa un quarto dei giovani in possesso di un titolo terziario”.
La relazione del MIUR, presentata dalla cabina di regia, continua evidenziando che: “L’insieme dei fattori sopracitati e la difficoltà dei giovani nel trovare lavoro, aggravata dal contesto economico successivo alla crisi economica, contribuisce ad inserire l’Italia nella lista dei paesi con il maggior numero di NEET (giovani che non studiano, non lavorano e non sono inseriti in corsi di formazione) tra i 20 e i 24 anni: nel nostro paese sono il 33,85% della popolazione del gruppo di età di riferimento, mentre in Germania sono il 9,27%, il 20,9% in Francia e il 27,2% in Spagna (6,5% in meno della maglia nera Italia). Il Regno Unito è ancorato al 15,64%. Ciò che preoccupa e che il nostro Paese sembra privo di prospettive positive, tra il 2008 e il 2015 la percentuale di NEET nel nostro Paese è cresciuta di 11 punti percentuale rispetto agli 8 della Spagna e i 4 della Francia, mentre Germania e Regno Unito sono riuscite a diminuire l’incidenza, rispettivamente di 4 e 2 punti”.
Per concludere non possiamo dimenticare la tirata d’orecchie dell’OCSE all’Italia, che rileva come una percentuale altissima dei nostri laureati non trovi lavoro corrispondente al proprio titolo di studio; più del 20%, che si immettono nel lavoro dopo due anni dal conseguimento del titolo di studio.
Quanto è costato e quanto costa al sistema Paese tutto questo in termini economici, culturali, sociali?
E che dire delle decine di migliaia di giovani che emigrano in Paesi esteri dove le opportunità di lavoro lasciano le porte ancora aperte, soprattutto a livelli superiori di professionalità?
Quale freno produce nel nostro sistema produttivo perdite elevate di valore umano ed intellettuale, lasciando emigrare una parte consistente del nostro patrimonio professionale motivato e preparato?
Ed allora la nostra categoria come altre, non può rimane asettica ed indifferente di fronte a questo quadro. Non può nemmeno mettersi alla finestra di un indefinito e fastidioso sussurrio critico. Così come risulterebbe assolutamente inutile aspettare che altri raddrizzino la “locomotiva frenata”.
Da subito abbiamo espresso la nostra assoluta disponibilità ad essere protagonisti del processo di riforma del sistema di istruzione terziaria, ben conoscendo la complessità e la delicatezza del nostro modello scolastico universitario ormai pressoché “cristallizzato” nelle sue fondamenta.
Come categoria professionale, ci siamo messi in discussione con quello sguardo che sa leggere il presente, per proiettare la propria azione di conquista verso il futuro.
Abbiamo incontrato il MIUR perché il MIUR ci incontrasse. Abbiamo parlato col MIUR perché il MIUR dialogasse con noi, ascoltando una voce responsabile che intende proporsi a costruire il domani.
Non abbiamo fatto, e non faremo richieste particolari se non quella di mettere a disposizione un grande patrimonio di esperienze professionali che può far crescere nella scuola e nelle università le professioni intellettuali tecnico agricole, degli alimenti e dell’ambiente e tutto il comparto agricolo e alimentare.
Con la firma del decreto il Ministro Fedeli ed il Sottosegretario Toccafondi, promuovono una nuova idea, un nuovo progetto di scuola terziaria (professionalizzante) e da parte nostra garantiremo che non saremo assenti. Costruiremo con il MIUR questa avventura ben sapendo che di ogni risultato positivo ne godrà il Paese, e di ogni errore lo pagheremo insieme.
I Periti Agrari e Periti Agrari Laureati ci sono, e non faranno mancare la loro professionalità.