Presidente MARIO BRAGA - Intervista rilasciata a “Opificium” rivista del Consiglio Nazionale Periti Industriali
Intervista rilasciata a “Opificium” rivista del Consiglio Nazionale Periti Industriali
“Presidente Braga, quali sono i tre obiettivi prioritari che intende concretamente perseguire nei prossimi anni per valorizzare la figura del perito agrario?”
Credo che come ogni categoria per rafforzare le qualità e le competenze professionali dei propri iscritti debba partire dalla fonte e cioè dalla Scuola e dall’Università. La rivoluzione che innovazione tecnologica e spaziale, Intelligenza Artificiale, strettamente connessi alle nuove domande di nuova imprenditoria agricolo-alimentare e professionale ci imponga di strutturare una stretta relazione con il sistema terziario del modello scolastico formativo.
Quale secondo obiettivo a cui i Periti Agrari guardano è quello di stringere un patto con la filiera agricolo-alimentare e ambientale al fine di superare quella inadeguata percezione che l’opinione pubblica ha nei confronti della nostra categoria, che, come si sa, si avvina al secondo secolo dalla sua fondazione. Fare rete, fare rete, fare rete.
Il terzo obiettivo, preferirei definirlo impegno, è quello di applicare, sviluppare diffusamente quel principio che la PAC persegue da decenni e che nel nostro Paese è sempre stato applicato in modo inadeguato e insufficiente: “la consulenza”. Questo favorirebbe certamente tutte quelle politiche innovative che in troppe aree del nostro paese sono frenate da condizionamenti autoreferenziali, o in alcuni casi malavitosi.
E mi permetta di rappresentarle un quarto inciso, che mi sta particolarmente a cuore. Io credo che il nostro tempo richieda l’impegno di ogni categoria, ma che al tempo stesso occorra creare una rete fra le categorie dell’area Tecnico Scientifica al fine di rispondere a tutte le esigenze e a tutte le domande che la filiera ambientale, agricolo alimentare ci richiedono. Per questo anche, e forse, soprattutto, la stretta collaborazione fra Periti Agrari e PAL e Periti Industriali Laureati dovrebbe e potrebbe assumere un carattere strategico.
“Lei ha sottolineato più volte il valore dell’economia circolare e del ruolo strategico del perito agrario nella transizione verso un’agricoltura sostenibile. Quali iniziative concrete il Consiglio nazionale sta promuovendo per facilitare l’adozione di queste pratiche tra i professionisti e le imprese agricole?”
Provate a muovere un qualsiasi autoveicolo senza collegamento fra motore e le ruote. Il ruolo di trasmissione del movimento, cioè il trasferimento e l’applicazione dell’innovazione, che oggi, e lo sarà sempre più, dalla ricerca alla filiera produttiva; la relazione fra ricerca (ed io penso ancora una volta all’università e alla scuola), sperimentazione - la professione intellettuale – e tutte le imprese dell’economia circolare, spetta in termini di missione e di responsabilità ai professionisti. Vi è inoltre per i professionisti dell’area agricolo ambientale una inderogabile responsabilità ed è perseguire il principio etico della sostenibilità, che oggi non è più rinviabile, in un tempo in cui vivendo la rivoluzione dei modelli gestionali che ci costringono a risposte immediate. Del resto, il cambiamento ormai lo avvertiamo tutti, così come ci sta invadendo prepotentemente l’applicazione dell’IA. Cosa stiamo facendo? Un breve e non esaustivo elenco. Siamo in stretto contatto con il CREA che sta ricercando nuove varietà vegetali resistenti a malattie e condizioni climatiche diverse, e quella ricerca la trasmettiamo ai nostri iscritti. Abbiamo instaurato e strutturato uno stretto rapporto con imprese che producono nuovi prodotti, definiti impropriamente corroboranti, che sollecitano l’essenza a resistere ai parassiti, Non abbiamo certamente trascurato di seguire, passo dopo passo, l’innovazione tecnologica che in agricoltura ha fatto passi da gigante. Evoluzione tecnologica strettamente dipendente da modelli informatici moderni. Stiamo seguendo, sollecitati soprattutto dall’Accademia dei Georgofili (la più antica del mondo), l’evoluzione delle costellazioni spaziali, soprattutto il progetto IRIDE. Abbiamo costituito tre anni fa, insieme alla nostra Cassa di Previdenza, la Fondazione per dare forma e sostanza alla formazione permanente e a nuovi servizi agli iscritti. Anche nella materia informativa ci siamo attrezzati coinvolgendo la casa Editrice “Edagricole – news business media”, una casa che vanta la pubblicazione di dodici riviste specializzate e del Manuale dell’Agronomo, un testo fondamentale della nostra professione come dice il titolo anche dei Dottori Agronomi e Forestali. Mi fermo qui anche se l’elenco potrebbe essere ancora molto lungo. Potrei sintetizzare la risposta affermando che stiamo caparbiamente e senza reticenze perseguendo quel principio di qualità professionale protagonista di sviluppo sostenibile.
“Lei ha evidenziato l’importanza dell’autonomia e dell’innovazione nella formazione agraria: come valuta il rapporto tra le scuole agrarie, gli ITS e l’università, e quali modifiche proporrebbe per migliorare il percorso formativo e l’occupabilità dei neodiplomati e neolaureati?”
Credo che lei mi abbiamo posto questa domanda conoscendo la mia passione per il tema. Senza scuola non c’è futuro ed il futuro si annebbia se non trova luce e calore nella scuola. Ma su questo tema posso affermare che siamo di presenza e di fronte certamente ad un modello incompiuto, spesso ancora relegato ad una sperimentazione senza fine e con non chiari obiettivi. Ma altrettanto incontriamo quotidianamente realtà che grazie all’impegno, la coerenza educativa di “presidi”, rettori, direttori e docenti che si alzano al mattino per svolgere la loro missione sanno offrire ancora qualità educativa. Lei mi chiede quali modifiche promuoverei per rigenerare la nostra scuola e le nostre un’università? La risposta la si può indagare nel libro che ho pubblicato due anni fa “Una nuova Scuola Tecnica Agraria” edito da Edagricole. Cito il libro perché il rosario dei temi da affrontare è davvero molto lungo e impegnativo. Resta il rammarico di condizioni autoreferenziali e di difesa burocratica, alcune volte con la complicità del decisore che relega il nostro paese “sempre lì, lì nel mezzo” ma non come protagonista come Oriali. E la dicotomia fra domanda e offerta di lavoro e di nuova e moderna libera professione si fa ancor più amara constatando che la filiera agroalimentare non riesce ad essere alimentata da un numero di diplomati e laureati sufficienti. Esistono soluzioni? Io credo di sì e sono davanti a noi. Basterebbe liberarsi da incrostazioni ideologiche, corporative per indagarle e perseguirle, in una comune assunzione di responsabilità.