Skip to main content

Per contatti telefonici: 0648906713

Cambiare rotta alla PAC

 

Non vi è dubbio che la straordinarietà del nostro tempo richieda di cambiare il paradigma della PAC passando dal solo sostegno al reddito delle imprese a progetti finalizzati a:

1.     Favorire, accelerare il ricambio generazionale – I dati sul ricambio generazionale, 2000/2022 hanno dato risultati insufficienti. In particolare si registra un passaggio interno al comparto: figli che subentrano ai padri. Ritengo che raccordare Scuola, Formazione, Università al settore produttivo agricolo, anche in attuazione del documento licenziato dal Consiglio UE sui partenariati strategici, riconoscendo il ruolo strategico che svolgono per la professionalizzazione dei giovani, attraverso un finanziamento dedicato (un nuovo pilastro), potrebbe attenuare  anche il declino determinato dall’inverno/glaciazione demografico. All’Italia basterebbero 40 milioni annui da destinare a aziende agrarie didattiche degli ITA, degli ITS e a favore tutoraggi università. Inoltre sarebbe straordinariamente rilevante promuovere la messa in rete europea dell’istruzione, formazione e università agrarie europee.

La scuola agraria diventi parte integrante della PAC.

2.     L’Italia e l’Europa presenta anche un preoccupante fenomeno d’invecchiamento (l’Italia ne detiene il primato) che determina l’ampliarsi di un’agricoltura conservativa marginale, gestita lobbisticamente o a part time. Fenomeno legato anche all’abbandono delle aree interne. Crediamo occorra  promuovere la formazione continua degli imprenditori anche con il raccordo Consulenze/formazione. (Akis). Proporre un progetto mirato di formazione cattedre ambulanti, a distanza, sostenuta da una struttura e mirata assistenza/consulenza tecnica.

3.     Consequenzialmente andrebbero rafforzate le politiche di recupero, valorizzazione delle aree interne. Lo spopolamento delle aree interne, rappresenta per l’Italia una emergenza da affrontare con determinazione, favorendo: sostegno al reddito, promozione di forme associative di produzione, trasformazione, stoccaggio e commercializzazione, soprattutto di aziende che applicano modelli di gestione sostenibili.

4.     Favorire l’implementazione di modelli a rete, sia per la produzione che per la valorizzazione del prodotto – più Cooperazione, fors’anche favorendo uno scambio d’esperienze fra aree del paese sviluppate e meno sviluppate.

5.  L’Italia vive da decenni un ritardo strutturale, organizzativo della consulenza tecnico scientifica, forse dovuto alla delega della tecnica affidata alla burocrazia. Si rende necessario, pertanto, anche attraverso un deciso trasferimento tecnologico, informatico e dell’Intelligenza Artificiale, ampliare i progetti di coinvolgimento delle imprese agricole, tutte a sviluppare l’implementazione dell’uso di strumenti informatici e dell’A.I.. Solo poco più del 15% delle imprese utilizzano il computer. Purtroppo rischiamo di dover constatare in questo presente che in Europa avremo agricolture a sviluppo variabile.

6.  L’Italia, così come molti paesi Europei, è interessata  dal fenomeno dell’immigrazione che fra valutazioni critiche e positive, sta determinando la trasformazione culturale e sociale delle nostre comunità, nonché delle nostre forze lavoro. Credo sia urgente attuare e sostenere politiche di cittadinanza e inclusione degli immigrati nelle aree rurali e di accompagnamento ai lavori, anche stagionali in agricoltura. Un obiettivo che potrebbe attenuare anche fenomeni di malavita organizzata che gestisce forme di lavoro disumanamente sommerso.

7.   Uno degli strumenti organizzativi che può favorire il cambio strutturale gestionale della filiera agroalimentare è la cooperazione. Tema spesso presente nella PAC, con formule varie, ma che abbisogna di una forma strategica dedicata. Credo occorra favorire la costituzione di strutture associativo-cooperativistiche soprattutto per valorizzazione delle produzioni e la promozione e vendita dei prodotti che esprimono un valore territoriale (soprattutto per le aree del Sud Italia).

8.     L’ultimo punto in quanto primo, si rende urgente e irrinviabile sburocratizzare la PAC, passando da una burocrazia di mero controllo ad una burocrazia semplice, comprensibile e amica che accompagni i processi innovati e non li rallenti o dissuada. Otto chilometri di documenti determinano modelli di sostegno, verifica e controllo farraginosi. Ritengo che uno slogan dell’Unione Europea potrebbe essere meno burocrazia più consulenza. Molte aziende rinunciano a presentare le domande PAC per l’eccessiva burocrazia e i costi ad essa collegati. Non vorremmo che la burocrazia risulti essere un finanziamento occulto alla e per la burocrazia.

Appostare alcune risorse della PAC su obiettivi chiari e accompagnati anche da politiche partecipate determinerebbe certamente una accelerazione verificabile dei processi di trasformazione innovazione delle nostre agricolture europee.

Un programma ambizioso politico esige una trama, non si sviluppa né si compie per la fortuna di azioni incoerenti, ma consiste se suscita e addensa adesioni tenaci e persuasi resistenti”. 

Questi temi  non hanno la presunzione d’essere esaustivi, rappresentano una suggestione da condividere.

Il Presidente

Per. Agr. MARIO BRAGA